Ricorso   della   regione  Siciliana,  in  persona  del  presidente
 pro-tempore on. dott. Giuseppe Drago,  rappresentato  e  difeso,  sia
 congiuntamente  che  disgiuntamente,  giusta  procura  a  margine del
 presente atto, dall'avv.  Giovanni Carapezza Figlia e dall'avv. Laura
 Aurelia Ingargiola,  ed  elettivamente  domiciliato  presso  la  sede
 dell'ufficio  della  regione  Siciliana  in Roma, via Marghera n. 36,
 autorizzato  a  proporre  ricorso  con  deliberazione  della   giunta
 regionale n. 147 del 5 mggio 1998;
   Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  pro-tempore,
 domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso  gli  uffici
 della  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  e difeso per legge
 dall'avvocatura dello Stato  per  la  risoluzione  del  conflitto  di
 attribuzione  insorto tra la regione Siciliana e lo Stato per effetto
 del  decreto  emanato  dal  Ministro delle finanze di concerto con il
 Ministro del tesoro, il  23  dicembre  1997,  recante  "Modalita'  di
 attuazione  delle  riserve  all'erario dal 1 gennaio 1997 del gettito
 derivante dagli interventi in materia di  entrate  finanziarie  della
 Regione   Sicilia,  emanati  dal  1992",  pubblicato  nella  Gazzetta
 Ufficiale della Repubbhca italiana, n. 65 serie generale del 19 marzo
 1998
                               F a t t o
   L'art. 2 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  26  luglio
 1965,  n.  1074,  recante  "Norme  di  attuazione dello statuto della
 regione siciliana in materia finanziaria", statuisce  che  "Ai  sensi
 del   primo  comma  dell'articolo  36  dello  statuto  della  regione
 siciliana,  spettano  alla  regione  siciliana,  oltre  alle  entrate
 tributarie   da   essa   direttamente  deliberate  tutte  le  entrate
 tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio,  dirette
 o  indirette,  comunque  denominate, ad eccezione delle nuove entrate
 tributarie il cui gettito  sia  destinato  con  apposite  leggi  alla
 copertura   di  oneri  diretti  a  soddisfare  particolari  finalita'
 contingenti  o  continuative  dello  Stato  specificate  nelle  leggi
 medesime."
   Fondandosi  sul  disposto  del  riportato  articolo 2 del d.P.R. 26
 luglio 1965, n. 1074, ed attualizzando  la  previsione  dal  medesimo
 recata,  svariati provvedimenti legislativi statali hanno disposto la
 riserva all'erario delle maggiori entrate previste dai  provvedimenti
 medesimi,  demandando  ad  un  apposito  decreto interministeriale la
 definizione delle relative modalita attuative.
   Il   predetto   decreto   interministeriale   -    emanato,    come
 soprariportato, il 23 dicembre 1997, e pubblicato il 19 marzo 1998, -
 dopo  aver  determinato  le incidenze percentuali degli incrementi di
 imposta derivanti dai seguenti provvedimenti legislativi:
     "a) decreto-legge 19  settembre  1992,  n.  384,  convertito  con
 modificazioni dalla legge 14 novembre 1992, n. 438;
     b)   decreto-legge   22   maggio  1993,  n.  155  convertito  con
 modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 243;
     c) legge 24 dicembre 1993, n. 537;
     d) decreto-legge  30  dicembre  1993,  n.  557,  convertito,  con
 modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133;
     e)  decreto-legge  23  febbraio  1995,  n.  41,  convertito,  con
 modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85;
     f) legge 28 dicembre 1995, n. 549;
     g) decreto-legge  30  dicembre  1995,  n.  565,  convertito,  con
 modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662;
     h)   decreto-legge  20  giugno  1996,  n.  323,  convertito,  con
 modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 425;
     i) legge 23 dicembre 1996, n. 662;
     j) decreto-legge  31  dicembre  1996,  n.  669,  convertito,  con
 modificazioni,  dalla  legge  28  febbraio  1997,  n. 30"   ponendo a
 raffronto le previsioni relative ai citati provvedimenti  con  quelle
 di  competenza  dei corrispondenti capitoli delle entrate dello Stato
 per gli anni 1997 e seguenti, individua le specifiche  percentuali  -
 riferite  a  singoli tributi, indicati anche per capitolo ed articolo
 di entrata - delle somme riscosse  con  riferimento  alle  operazioni
 eseguite   nel   territorio   della  regione  siciliana,  da  versare
 all'erario statale, ed impartisce le  conseguenti  disposizioni  agli
 incaricati della riscossione.
   ll   citato   decreto  interministeriale  si  rileva  lesivo  delle
 attribuzioni della regione siciliana e  della  autonomia  finanziaria
 della stessa e viene censurato per le seguenti ragioni;
                             D i r i t t o
   Violazione  dell'art.  36  dello statuto e del correlato art. 2 del
 d.P.R. 26 luglio 1965 n. 1074, che concorre ad integrare parametro di
 costituzionalita'  in  qualita'  di  norma  interposta  (cfr.:  Corte
 costituzionale,  sentenze  nn.  260 del 1990, 242 e 775 del 1988, 217
 del 1985, 97 del 1977, 111 del 1976).
   A prescindere da  ogni  valutazione  circa  la  legittimita'  delle
 sottostanti  disposizioni  normative,  che  concretizzano  la riserva
 all'erario statale del gettito derivante da nuove entrate  tributarie
 in  relazione a talune delle quali norme, ed in particolare in ordine
 a quelle contenute nella legge  23  dicembre  1996  n.  662,  recante
 "Misure   di   razionalizzazione   della   finanza  pubblica"  e  nel
 decreto-legge 31  dicembre  1996,  n.    669,  recante  "Disposizioni
 urgenti in materia tributaria finanziaria e contabile a completamento
 della  manovra  di  finanza pubblica per l'anno 1997" convertito, con
 modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997,  n.  30,  non  puo'  che
 rinviarsi  a  quanto  considerato  in  sede di ricorsi di legittimita
 costituzionale a suo  tempo  proposti  ed  in  atto  ancora  pendenti
 dinanzi   a  codesta  ecc.ma  Corte  -  l'impugnato  decreto  estende
 indebitamente le previsioni normative, nonche' interpreta le medesime
 in violazione delle sovraordinate norme statutarie e di attuazione.
   Ed invero il predetto decreto lede  le  competenze  statutariamente
 garantite  alla  regione in materia finanziaria poiche' non si limita
 ad   attuare   quanto   dai   presupposti   provvedimenti   normativi
 testualmente    ed    esplicitamente    disposto,   ma,   fondandosi,
 esclusivamente  sulle  risultanze   delle   relazioni   tecniche   di
 accompagnamento  di detti provvedimenti, propone di queste ultime una
 automatica applicazione, senza minimamente considerare se in  effetti
 dai  provvedimenti  legislativi considerati derivi un maggior gettito
 per le casse regionali, se esso possa configurare una  nuova  entrata
 tributaria riservabile allo Stato e se infine le norme sostanziali di
 riferimento siano tuttora vigenti e pertanto produttive di effetti.
   In   mancanza  di  detti  riscontri  le  prescrizioni  del  decreto
 interministeriale di che trattasi appaiono,  da  un  lato,  prive  di
 fondamento giuridico, e dall'altro, comportano una compressione delle
 entrate  tributarie  regionali al di fuori della prevista riserva, di
 carattere eccezionale,  contemplata  dal  riportato  articolo  2  del
 d.P.R. n. 1074 del 1965.
   Ed invero, in forza di interpretazioni arbitrarie - configuranti in
 realta'  una  violazione  di legge - delle norme di cui il decreto in
 questione costituisce applicazione, si sottraggono indebitamente alla
 regione siciliana quote di risorse tributarie alla medesima spettanti
 ai sensi dell'art. 36  dello  statuto  e  delle  correlate  norme  di
 attuazione in materia finanziaria.
   In   altre  parole,  non  e'  con  il  presente  ricorso  posta  in
 discussione  la  possibile  attribuzione  allo   Stato   di   entrate
 tributarie caratterizzate dal requisito indefettibile della novita' e
 destinate  alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari e
 specificate finalita' e neppure specificatamente la circostanza  che,
 nel caso in esame, la determinazione quantitativa del maggior gettito
 d'imposta  e'  calcolata  proiettando  su base regionale l'incremento
 percentuale delle entrate previsto su base  nazionale  -  mentre,  in
 effetti,  risulterebbe  necessario  un processo individuativo teso ad
 accertare gli incrementi di gettito prodottisi a livello regionale  a
 fronte  degli  interventi  posti  in essere dai singoli provvedimenti
 normativi che tenuto conto delle particolarita'  reddituali  isolane,
 le  quali pongono la Regione a livelli decisamente inferiori rispetto
 a quelli della media nazionale, certamemente andrebbero differenziati
 rispetto a quelli stimati a livello nazionale - bensi' la  fondatezza
 di taluni presupposti giuridici su cui il decreto denunciato si basa.
   Esso   si  appalesa  in  realta'  illegittimo,  e  conseguentemente
 contestabile, in ordine, in particolare, ai numerosi punti di cui  in
 prosiego si da' contezza.
   1  -  Con riferimento all'attuazione delle riserve recate dal d.-l.
 19 settembre 1992, n. 384, convertito in  legge,  con  modificazioni,
 dalla  legge  14  novembre 1992, n. 438 - il cui art. 13 ha riservato
 all'erario statale le entrate derivanti dal  Capo  IV  (artt.  8/14),
 concernente  disposizioni  fiscali,  del  medesimo decreto-legge - si
 osserva  che,  nel  quantificare  il   maggior   gettito   (riservato
 all'erario) derivante dalle disposizioni recate, non puo' non tenersi
 in  debito  conto dell'avvenuta abrogazione dei commi 1 e 2 dell'art.
 10 del provvedimento che  si  annota  -  i  quali,  a  seguito  della
 trasformazione    in    detrazioni    d'imposta   di   taluni   oneri
 precedentemente ammessi in deduzione,  comportavano  un  aumento  del
 gettito  tributario  operata  con il comma 6 dell'art. 3 del d.-l. 31
 maggio 1994, n. 330, convertito con  modificazioni,  dalla  legge  27
 luglio  1994,  n.  473,  che ridisciplinando organicamente la materia
 delle detrazioni d'imposta non ha previsto  a  tal  proposito  alcuna
 riserva all'erario.
   Pertanto,  a  decorrere dall'entrata in vigore del d.-l. n. 330 del
 1994, cessa la riserva  all'erario  di  questa  parte  della  manovra
 finanziaria  disposta  dal  d.-l.  n.  384  del  1992,  in  quanto la
 rinnovazione   della   precedente   disciplina   non   reca    alcuna
 riaffermazione di riserva.
   Ed  invero,  considerato  che  la norma (art. 2 d.P.R. n. 1074) che
 consente la riserva  all'erario  ha  "carattere  derogatorio"  (cfr.:
 Corte  costituzionale,  sentenza  2  marzo 1987, n. 61) della normale
 attribuzione alla Regione di tutte  le  entrate  tributarie  riscosse
 nell'ambito  del suo territorio, e che pertanto, trattandosi in buona
 sostanza di norma eccezionale, non puo', per principio generale,  che
 trovare applicazione unicamente ed esclusivamente laddove, attraverso
 un  esplicito  ed  espresso  richiamo,  venga  fatta valere, restando
 preclusa un'interpretazione che analogicamente ne estenda la  portata
 ne  consegue  che  la riserva connessa alle disposizioni abrogate non
 puo' avere una ultrattivita' temporale che si  porrebbe  peraltro  in
 contrasto  con  i  fondamentali precetti giuridici dettati in tema di
 efficacia della legge nel tempo.
   Pertanto, proprio poiche'  non  esiste  alcuna  esplicita  conferma
 della  riserva  all'erario  dell'entrata  tributaria conseguente alla
 trasformazione  in  detrazioni  di  taluni  oneri  prima  ammessi  in
 deduzione,  non  puo'  sostenersi il permanere della riserva a fronte
 dell'abrogazione  della  norma  sostanziale  in   ordine   alle   cui
 previsioni era stata posta.
   Peraltro,  nel rilevare che da nessun elemento contenuto nel citato
 d.-l. n. 330 del 1994 e' dato desumere che  tale  riserva  sia  stata
 disposta, o mantenuta, implicitamente, si osserva che e' in ogni caso
 illegittimo  ipotizzare  l'esistenza  una  riserva  implicita poiche'
 trattandosi di  norma  che  devia  dalla  ordinaria  attribuzione  di
 risorse   disciplinata   dalle   norme  di  attuazione,  la  relativa
 previsione non puo' che essere testuale ed esplicita, anche  al  fine
 di   consentire  quel  "controllo  politico  sull'esatto  e  corretto
 esercizio della deroga" cui ha avuto modo di riferirsi codesta ecc.ma
 Corte (sentenza 2 marzo 1987, n. 61).
   Ne consegue che non puo' procedersi ad una lettura della norma  che
 sia  lesiva  di  altri  principi  costituzionali,  quali quello dell'
 autonomia finanziaria  della  Regione,  conseguente  alla  previsione
 statutaria  di  attribuzione  alla  stessa  del  gettito  dei tributi
 afferente il proprio territorio, teoricamente ed in  astratto,  tutti
 alla  Regione  spettanti, ad eccezione di quanto previsto dal secondo
 comma dell'art.  36 dello statuto.
   Pertanto, la percentuale connessa all'ipotizzata  maggiore  entrata
 derivante  dal  disposto  dell'art.  10,  primo  comma,  del d.-l. n.
 384/1992, non puo', per gli anni d'imposta successivi  alla  avvenuta
 abrogazione  dello stesso art. 10 primo comma, del d.-l. n. 384/1992,
 essere piu' considerata come riservata allo Stato, ed i conteggi  del
 decreto 23 dicembre 1997 che, viceversa, la ricomprendono, andrebbero
 adeguatamente modificati.
   2. - Sempre con riferimento alle quantificazioni operate sulla base
 delle  disposizioni  contenute  nello  stesso  d.-l.  n. 384/1992, si
 rileva che erroneo appare  -  e  come  tale  lesivo  delle  spettanze
 economiche e delle prerogative finanziarie statutariamente attribuite
 alla  Regione - considerare permanere di un ipotetico maggior gettito
 conseguente    alle    disposizioni    in    tema    di    disciplina
 dell'indeducibilita'  dell'imposta  locale  sui redditi (Ilor) recate
 dal comma 3, dell'art.10.
   Ed invero - anche a prescindere dalla considerazione che, a partire
 dall'anno di imposta 1993, a  seguito  dell'istituzione  dell'imposta
 comunale  sugli immobili (Ici), sono stati, con il comma 4, dell'art.
 17 del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  504,  "esclusi
 dall'imposta  locale sui redditi i redditi dei fabbricati a qualsiasi
 uso  destinati  ivi  compresi  quelli  strumentali  od   oggetto   di
 locazione, i redditi dominicali delle aree fabbricabili e dei terreni
 agricoli", e pertanto le quantificazioni operate in sede di relazione
 tecnica  allegata  al  medesimo  d.-l.  n. 384/1992, avrebbero dovute
 essere opportunamente  corrette  (mentre  l'impugnato  decreto  sulle
 stesse integralmente si fonda) - si rappresenta che, essendo stata, a
 seguito   dl'istituzione   dell'imposta   regionale  sulle  attivita'
 produttive  (Irap),  soppressa  integralmente  Ilor   (cfr.   decreto
 leislativo  15  dicembre  1997,  n.  446  di attuazione delle deleghe
 previste dall'art.   3, commi da 143 a  149  e  151  della  legge  23
 dicembre   1996,   n.  662),  non  puo'  in  alcun  modo  tenersi  in
 considerazione l'indeducibilita' della medesima quanto meno a partire
 dal periodo d'imposta in corso al 1 gennaio 1998.
   3. - Per quanto concerne  poi  la  spettanza  del  maggior  gettito
 conseguente  soltanto  indirettamente  dalle  disposizioni recate dal
 d.-l. 22 maggio 1993, n. 155, cosi come pure dal  d.-l.  30  dicembre
 1993,  n.  557,  dal  d.-l.  23  febbraio 1995, n. 41, dalla legge 28
 dicembre 1995, n. 549 e  dal  d.-l.  30  dicembre  1995,  n.  565,  e
 specificatamente   causato   dall'aumento   delle   entrate   Iva  in
 conseguenza della modificazione delle accise su determinati prodotti,
 in  particolare  petroliferi,  si  osserva  che  non  si   versa   in
 fattispecie di avvenuta riserva all'erario statale.
   Va   infatti   considerato   che   l'applicabilita'  della  riserva
 all'erario  risulta  condizionata  dalla  sussistenza  di   tutti   i
 presupposti richiesti per poter porre l'eccezione alla spettanza alla
 Regione   dei   proventi  tributari  riscossi  nel  territorio  della
 medesima.
   Come gia' rilevato, trattandosi di norma di carattere  eccezionale,
 essa  appare,  ai  sensi  dell'art.  14  delle  preleggi,  di stretta
 interpretazione, e pertanto  occorre  il  pedissequo  rispetto  delle
 previsioni dettate dall'art. 2 del d.P.R. n. 1074, comportanti, oltre
 che l'indefettibile requisito della novita' dell'entrata, l'esplicita
 previsione  della  riserva  e l'inclusione di un'apposita clausola di
 destinazione alle particolari finalita' statali da soddisfare.
   Va  peraltro  rilevato  che  appare  illegittimo  ritenere  che  la
 riserva,  in  mancanza  di una testuale proposizione normativa, possa
 estendersi in relazione alle previsioni delle relazioni  tecniche  di
 accompagnamento  dei  vari  provvedimenti di che trattasi. Ed invero,
 premesso che forza di legge possono averla soltanto  le  disposizioni
 poste  in essere nel rispetto, formale e sostanziale, delle procedure
 previste per la posizione delle norme legislative, si osserva che  ai
 lavori  preparatori,  e  conseguentemente  agli  atti propedeutici ed
 esplicativi,  non   puo'   riconoscersi   valore   determinante   nel
 procedimento  ermeneutico; essi infatti, pur potendo offrire elementi
 all'interprete per ricercare la portata di singole disposizioni,  non
 possono  sovrapporsi  alla  volonta'  obiettivata  dalla legge (cfr.:
 Corte di Cassazione,  sentenza  10  febbraio  1971,  n.  339),  quale
 risulta dal significato delle parole secondo la connessione di esse e
 dall'intenzione del legislatore.
   Si   osserva   ancora,  peraltro  in  conformita'  con  i  principi
 desumibili dalla sentenza 22 giugno 1971,  n.  138  -  con  la  quale
 codesta  Corte  costituzionale  ha  negato  che  il  c.d.  quadro  di
 classificazione  delle  entrate  costituisca  parte  integrante   del
 bilancio  di  previsione  -  che  irrilevante  appare ai fini che qui
 interessano, e cioe' accertare  l'oggetto  della  riserva  all'erario
 statale,  procedere  ad  un  riscontro  del contenuto delle relazioni
 tecniche, le quali in realta' non possono che qualificarsi altro  che
 atti illustrativi privi di forza cogente.
   Infine,  considerato  che  codesta  ecc.ma  Corte (sentenza 429 del
 1996), affermando che la novita' dell'entrata necessaria per  potersi
 procedere  alla  apposizione di una riserva al relativo gettito "puo'
 caratterizzare non solo le imposte di nuova istituzione, ma anche  le
 entrate  da  un  incremento  dell'importo  delle  aliquote di imposta
 preesistenti",  deve  ritenersi  che  resterebbe  escluso   da   ogni
 possibile  riserva  il  maggior  gettito  conseguente all'ampliamento
 della base imponibile di un tributo spettante alla Regione  in  forza
 della  generale  disciplina  della  materia  in  quanto  derivante da
 ipotesi affatto diversa da quelle di cui ha avuto riguardo la Corte.
   Conseguentemente, le somme pari al maggior gettito  Iva  a  livello
 regionale derivante dall'estensione della base imponibile conseguente
 all'aumento  delle  accise  sui  prodotti  petroliferi,  non  possono
 ritenersi rientrante tra le entrate riservate e vanno estrapolate dal
 conteggio  recato  dal  decreto  in  relazione  a cui viene sollevato
 conflitto.
   4. - Con riferimento alla quantificazione  delle  maggiori  entrate
 derivanti  dalle  disposizioni  dell'art.  12  e  16-bis del d.-l. 23
 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla  legge  22
 marzo   1995,   n.   85,   si   osserva   che  le  stesse  concernono
 rispettivamente applicazione dell'Iva sulle importazioni di  supporti
 informatici e misure antielusive.
   In  ordine alla prima di dette disposizioni - considerato che l'Iva
 all'importazione (cap. 1203,  art.  2)  e',  in  atto,  di  integrale
 spettanza dello Stato - nessun aumento di gettito la medesima provoca
 in relazione all'Iva interna, di spettanza regionale (cap. 1203, art.
 1); pertanto erroneo risulta tener conto della relativa previsione al
 fine  di determinare l'ammontare della percentuale di incidenza della
 riserva all'erario statale in relazione al capitolo 1203, art.1.
   Per cio' che concerne poi la richiamata norma antielusiva, essa non
 configura ne' una  imposta  di  nuova  istituzione  ne'  una  entrata
 derivante  da  un  aumento  di  aliquota  di un'imposta preesistente,
 bensi' appare posta esclusivamentc al fine di assicurare il  corretto
 adempimento  degli  obblighi  tributari gravanti sui contribuenti; il
 considerare riservato allo Stato il conseguente gettito comporterebbe
 un pregiudizio economico per la Regione violandone le attribuzioni in
 materia finanziaria in quanto configurerebbe, in buona sostanza,  una
 sostituzione  di  una  imposta  spettante  alla Regione con una nuova
 fattispecie assegnata viceversa allo Stato e cio'  in  contrasto  con
 quanto  considerato  da codesta ecc.ma Corte con la sentenza 15 marzo
 1972, n. 49 laddove ha affermato che lo Stato non "puo' attribuire  a
 se  stesso  l'intero  gettito di una entrata chiaramente sostitutiva,
 quando il tributo sostituito non e' di sua esclusiva spettanza".
   5. - Ancora, si rileva che il decreto 23  dicembre  1997  prescrive
 l'effettuazione  dei  prelievi  a fini di riserva attraverso semplici
 percentuali  (indici  di  incidenza)  applicate   alle   riscossioni,
 ignorando  il  necessario momento della preventiva liquidazione delle
 spettanze erariali in valori  assoluti,  e  lasciando  esclusivamente
 agli incaricati della riscossione il relativo compito.
   Ora,  considerato  che  il predetto sistema e' destinato ad operare
 anche per cio' che concerne il  recupero  delle  quote  dovute  dalla
 Regione  per  il  1997,  si evidenzia che i soggetti in questione non
 possono avere singolarmente la consapevolezza  del  raggiunto  limite
 globale  di  devoluzione,  anche perche', dovendo detto limite essere
 ricavato - ai sensi del comma 2 dell'art. 4 del  medesimo  decreto  -
 detraendo   le  somme  gia'  affluite  all'erario  secondo  quote  di
 spettanza, le relative determinazioni  dovrebbero  essere  effettuate
 dall'amministrazione finanziaria statale.
   6. - Infine si osserva che non appare posto a tutela della Regione,
 ed in ogni caso non sembra che possa applicarsi al fine di correggere
 gli  eventuali  errori  di quantificazione delle percentuali indicate
 nel decreto impugnato  -  che  con  il  presente  ricorso  si  assume
 sussistano  -  il  "conguaglio"  previsto dal comma 3 dell'art. 4 del
 medesimo provvedimento.
   Detto comma prevede che "i versamenti effettuati con l'applicazione
 delle percentuali  di  cui  all'art.  2  possono  essere  oggetto  di
 conguaglio  sulla  base  di  un  aggiornamento  di dette percentuali,
 ottenuto  utilizzando  i  dati  definitivi   dei   singoli   capitoli
 considerati  risultanti  dal  rendiconto generale dello Stato per gli
 anni 1997 1998 e 1998 e seguenti".
   Il previsto conguaglio - da  effettuarsi  peraltro  sulla  base  di
 modalita'  unilateralmente  stabilite dagli indicati organi statali -
 appare  limitato  all'ipotesi  recata,  e   non   sembra   consentire
 modificazioni  alle  percentuali  di  incidenza  ab origine errate, e
 calcolate aprioristicamente ed in taluni casi illegittimamente  sulla
 base  delle  originarie previsioni di incremento di imposta derivante
 dai sottostanti provvedimenti legislativi.
   In forza delle considerazioni esposte e' innegabile il  pregiudizio
 causato  alla  Regione  siciliana dalle disposizioni censurate, avuto
 altresi' specialmente riguardo al previsto recupero delle  quote  che
 si  presumono  dovute  dalla Regione stessa a decorrere dal 1 gennaio
 1997 (art. 4, comma 1, del decreto impugnato).
   Con il presente ricorso si chiede inoltre, ai  sensi  dell'art.  40
 della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  e  dell'art.  28  delle norme
 integrative per i  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale,  la
 sospensione  dell'impugnato  atto invasivo delle attribuzioni e delle
 spettanze regionali in materia finanziaria ed  immediatamente  lesivo
 per le disponibilita' regionali di cassa.
   Le  risorse finanziarie della Regione, ed ancor piu' concretamente,
 i  mezzi  di  pagamento  necessari  per  far  fronte   agli   impegni
 legittimamente   assunti   dalla   medesima,  risulterebbero  infatti
 indubitabilmente ridotti nell'ipotesi in cui i tributi  riscossi  nel
 territorio   regionale   vengano  indebitamente  decurtati  di  quote
 erroneamente ritenute riservabili all'erario statale.
   La penalizzazione subita,  avente  peraltro  dirette  ed  immediate
 refluenze  sulla  capacita'  di  spesa regionale - e di non immediato
 conguaglio  alla  luce   delle   considerazione   espresse   sub   6,
 nell'ipotesi  di  giudizio  di  codesta  ecc.ma Corte favorevole alla
 Regione  -  configura  quelle  "gravi  ragioni"  cui   ha   specifico
 riferimento  il  richiamato  art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87
 per poter procedere alla sospensione dell'esecuzione degli  atti  che
 hanno dato luogo al conflitto di attribuzione.
   Ne' vale a sanare l'evidenziato grave danno per l'erario regionale,
 e   neppure   ovviamente  la  lamentata  lesione  delle  attribuzioni
 regionali, l'avvenuta  emanazione  del  decreto  interministeriale  6
 maggio  1998  -  il  quale  si  limita  a  rinviare al 1 gennaio 1999
 esclusivamente il recupero delle quote dovute  per  l'anno  1997,  ai
 sensi dell'art.  4, commi 1 e 2 dell'impugnato decreto, dalla Regione
 -  poiche' le imposte riscosse per l'anno in corso, e per i seguenti,
 sono invece  soggette  a  ripartizione  in  forza  delle  percentuali
 fissate  dall'art.  2 dello stesso decreto 23 dicembre 1997; di tutta
 evidenza e', quindi, il permanere  dell'interesse  della  Regione  ad
 ottenere  la  sospensiva  in  pendenza del giudizio di codesta ecc.ma
 Corte.